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La riforma della scuola 

Il problema fondamentale non è la mancanza di fondi, ma la mancanza di meritocrazia e concorrenza

Continua il dibattito sulla riforma della scuola. E intanto che il sindacato annuncia iniziative di sciopero c’è chi ,come  Confcommercio,  propone di investire in capitale umano.
Se l’Italia riuscisse ad alzare di tre anni medi l’istruzione della popolazione, il tasso medio annuo del Pil potenziale e, quindi, di quello effettivo, aumenterebbe di quasi l’80%, passando dall’insoddisfacente valore di 1,3%-1,5% di oggi a un più europeo e moderno 2,3%-2,7%”. Questo si legge nel rapporto dell’associazione i cui giovani imprenditori  propongono quattro obiettivi per riformare il sistema scolastico:
Qualificare il sistema dell’istruzione, allineandolo agli standard europei; ripensare la formazione superiore che oggi soffre di una impostazione legata a modelli industriali ormai sorpassati; eliminare le barriere al sistema meritocratico che ingessano il mercato del lavoro e, infine, favorire politiche attive che supportino e accompagnino la nascita e il consolidamento di nuove imprese.
Non esiste la riforma”, una formula magica che ci  dia una scuola perfetta, ed è puerile crederlo.
Questo è quanto sostiene,invece, il Prof.  Antonio  Martino, già ministro in precedenti governi.
Riprendendo una rivoluzionaria proposta di Milton Friedman propone un’idea semplice di riforma della scuola . Proposta che vuole mettere a disposizione anche della sua parte politica con l’intento  di contribuire ad alimentare il dibattito sul tema.
L’autore sostiene: “ invece di destinare le risorse statali alle scuole, con il pagamento degli stipendi e delle altre spese, bisognerebbe indirizzarle agli studenti aventi diritto sotto forma di un buono, personale e non negoziabile, da usare presso la scuola di propria scelta".
"Le scuole si finanzierebbero con i buoni ricevuti dagli studenti e con i soldi che riuscirebbero ad incassare per servizi speciali (corsi  extracurriculari, attività  parascolastiche, sportive etc.). Gli stipendi degli insegnanti verrebbero pagati con queste risorse. Gli insegnanti verrebbero assunti dai presidi in base ai loro meriti (non più concorsi) e l’unico obbligo imposto allo Stato sarebbe quello di indicare gli insegnamenti che tutte le scuole sono tenute ad impartire.
Le scuole migliori attirerebbero studenti, prospererebbero e potrebbero espandersi, le meno buone perderebbero studenti e rischierebbero di essere costrette a chiudere; si porrebbe cioè in essere un “meccanismo di filtro” che selezionerebbe le scuole migliori e penalizzerebbe quelle inefficienti.
Gli insegnanti incapaci o fannulloni non troverebbero lavoro, i meglio preparati e i più impegnati godrebbero di compensi più alti. L’Italia avrebbe finalmente un sistema scolastico adeguato alle esigenze del nostro tempo”.
La sua analisi prosegue con ulteriori elementi “ fintantoché, invece, avremo che l’obiettivo delle scuole resta quello di elargire titoli a valore legale, gli insegnanti saranno inamovibili e pagati tutti allo stesso modo, indipendentemente dal loro merito o dal loro impegno, e tutte le scuole d’Italia resteranno  sempre esposte al pericolo di riforme imposte dall’alto. Avremo solo un meccanismo di assistenzialismo per insegnanti anche se incapaci, burocrati,  inutili e politicanti”.
Una proposta di riforma questa che sicuramente spariglierebbe le carte facendo mettere in gioco ciascuno operatore; potrebbe dare impulso all’autonomia scolastica, alla meritocrazia e presumibilmente  anche alla qualità e all’efficienza.

cultura@ingegnicultura.it


Autore: Mario Incatasciato

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